"Venire alla Luce"
La luce agli occhi di un bebè
di Cosimo Frascella
Un Antico Simbolismo
Vi siete mai chiesti perché quando nasce un bambino si dice che è “venuto alla luce“?
Questa espressione deriva da una simbologia ancestrale legata alla luce che risale agli antichissimi culti egizi, mesopotamici e iranici, in seguito ereditate dalle tre grandi religioni monoteiste. L’intero universo ha inizio con la luce. Dio, mediante la Luce, crea il cosmo e si manifesta nel giorno sensibile determinato dal Sole. Lo stretto legame tra luce, giorno e Dio si riflette anche nel linguaggio. In latino deus, di-es, di-vus costituiscono una famiglia semantica a partire da un’unica radice indoeuropea, dei-, che significa splendente, luminoso, che è la medesima che accomuna l’italiano Dio, il latino deus, il greco theos e il sanscrito dyaus.
Nella Bibbia la luce è la prima delle cose create.
“Dio disse: ‘Sia la luce!’. E la luce fu” (Gen, 1,3)

Cosa vede un bimbo nella pancia
Dopo le 26 settimane il feto percepisce la luce che filtra nel pancione.
“La vista è l’ultimo senso a svilupparsi: le palpebre infatti restano chiuse fino alla 26esimasettimana, per consentire il corretto sviluppo della retina”. “Dopo quest’epoca, il feto riesce a percepire la luce che filtra attraverso il pancione, soprattutto se viene esposto a una fonte di luce intensa come quando si sta al sole con la pancia scoperta”.
In effetti, l’utero non è un ambiente buio come si potrebbe credere, ma attraverso la pelle la luce filtra, sia pure poco intensamente. Intorno alle 30 settimane, inoltre, le pupille sono in grado di restringersi o dilatarsi a seconda dell’intensità della luce, mentre se il pancione viene esposto ad un fascio luminoso, il bebè gira istintivamente la testa e le pulsazioni cardiache aumentano un po’. “La vista del bambino, insomma, si sviluppa già nel pancione, anche se ci vorrà ancora qualche mese dopo la nascita perchè i centri nervosi dell’occhio giungano a maturazione e il piccolo riesca a mettere a fuoco perfettamente le immagini” conclude Apa. “In ogni caso, il neonato è già in grado di riconoscere i contorni del volto della mamma a circa 20 centimetri di distanza: proprio la distanza alla quale si trova mentre prende il latte dal seno materno!”

Luci e colori
Macchie sfuocate, chiazze di luce, una confusione prevalentemente in bianco e nero, in cui spicca però il rosso: questo è ciò che vede un bambino quando apre per la prima volta gli occhi sul mondo.
Non è particolarmente emozionante, ma nel giro di poche settimane inizia a distinguere i colori, prima il rosso e il verde, poi il blu e il giallo, a riconoscere le forme e a percepire la profondità.
A sei mesi, vede il mondo come un adulto anche se, privo ancora delle categorie del linguaggio, non può interpretarlo nello stesso modo. L’acuità visiva nei primi giorni di vita è però solo del 5 per cento di un adulto, vale a dire che tutto gli appare molto sfocato e che solo a 30 centimetri di distanza può riconoscere una faccia. Già a due mesi, però, un bambino è in grado di discriminare il rosso dal verde; a 3-4 mesi riconosce il blu e il giallo, purché siano di tonalità intensa; a sei mesi, poi, la visione dei colori e l’acuità visiva sono paragonabili a quelle di un adulto.

Luce ideale per i bambini
Una luce ideale non esiste, molti ricercatori consigliano delle tonalità soffuse, una luce non prorompente ma che rilassi e concili il sonno. La scelta del tipo di luce notturna può rivelarsi tutt’altro che semplice. Sul mercato ne esistono di tipologie così diverse che risulta difficile identificare il modello più adatto alle specifiche esigenze di utilizzo.
Oltre alle differenti tecnologie impiegate, ci sono infatti lampade portatili alimentate a batteria, lampade da parete, con proiettore, con telecomando…
È in arrivo un piccolo? Ti aspettiamo da OperaLuce per consigliarti la miglior luce per le sue esigenze!